Sbiadisce

di Manuela Poggiato

Sbiadisce la tua immagine. Non riesco piú a immaginarti, non ricordo piú come eri. Sono trascorsi pochi mesi eppure ho sempre piú bisogno di passare da casa tua per ritrovarti nei libri, negli asciugamani di cucina, nelle scarpe, nei pochi vestiti ormai rimasti. Entrando l’odore mi coglie sempre di sorpresa: per un attimo tu sei lí, presente, vitale. Mi aspetto che parli, mi aspetto di girarmi e vederti. Allora apro armadi e cassetti, frugo come un ladro nelle tasche dei tuoi vestiti, mi muovo fra cose conosciute, ma sento solo il freddo del riscaldamento spento, la casa immobile, il silenzio delle stanze.
Guardo le foto ai muri. Sono passati solo pochi mesi, ma per vederti devo cercarti lí: in quelle poche immagini che conosco, soprattutto in quelle dei tuoi anni in cui io non c’ero perché non ti conoscevo ancora. Cerco somiglianze con chi è rimasto. Ho bisogno di andare indietro, di scoprire altro di te, altro da quello che so già e allora sfoglio affannosamente i tuoi libri, quelli dell’università, delle superiori, torno indietro a quelli delle elementari, ai tuoi quaderni di scuola alla ricerca della tua scrittura, dei tuoi pensieri e sentimenti, di cose di te che non so perché io, allora, non c’ero.

E la tua infanzia, dimmi, dove sta la tua infanzia? / Io voglio la tua infanzia, / le acque che bevesti, / i fiori che calpestasti, / le trecce che annodasti, / le tue risa perdute. / Possibile che mie non siano state? / Dimmelo, sono triste. / Quindici anni, soltanto tuoi, non miei. / Non mi celare la tua infanzia. / Chiedi a Dio che ci retroceda il tempo. / Tornerà la tua infanzia e giocheremo (Gerardo Diego, 1896).

Parlo di te con altri, ma loro non rispondono mai come vorrei io, li sento freddi, lontani, indifferenti. Come possono? Vengo a cercarti nel luogo in cui sei adesso, ma lo spazio è piccolo, stretto, triste. Lí sei ancora piú lontano. Vorrei fossi nel mare e nel vento: cosí saresti ovunque e quindi sempre con me.
E non ricordo neppure piú la tua voce.