Sobrietà, opzione sociale

di Giannino Piana

Parlare di austerità nel contesto di una società come la nostra dove il consumismo è la logica che presiede alle scelte umane nei vari campi in cui si dispiega l’esistenza, suona del tutto anacronistico. Ne ha fatto esperienza già negli anni settanta del secolo scorso Enrico Berlinguer il quale, in occasione della crisi petrolifera che aveva costretto anche il nostro Paese ad alcune limitazioni, invitava a fare dell’austerità l’occasione per cambiare la qualità della vita. Le reazioni di protesta si sono fatte immediatamente sentire, e non solo nell’ambito del mondo borghese, ma anche in quello di un’area consistente della sinistra, che andava già da allora smarrendo la propria identità, allineandosi al modello della cultura dominante.

Virtú inattuale

Una virtú, dunque, apparentemente desueta, inattuale l’austerità, la quale tuttavia, se ci si confronta seriamente con la situazione odierna, risulta essere, paradossalmente, di estrema attualità. La rincorsa dei bisogni, compresi quelli del tutto superflui, ha generato (e genera tuttora) forme di alienazione, che hanno come ricaduta pesanti frustrazioni e talora stati di disagio esistenziale con esiti patologici. Analoghe (e piú gravi) conseguenze dei processi in corso si verificano poi sul piano sociale, dove avanzano fenomeni – si pensi soltanto al disastro ambientale – destinati a mettere in pericolo il futuro del pianeta che abitiamo.
Il termine austerità, specialmente se applicato alle scelte personali, viene percepito da molti (e non del tutto senza ragione) come esclusivamente negativo; sembra infatti evocare, di primo acchito, un atteggiamento e un comportamento contrassegnati da sacrifici che comportano una mortificazione del desiderio, mortificazione che non consente alla persona di sviluppare le proprie potenzialità soggettive. Per queste ragioni alcuni (e io sono tra costoro) preferiscono parlare di sobrietà, un termine che ha un’accezione piú positiva, perché fa i conti con l’ambivalenza della condizione umana, con le possibilità e i limiti che la contraddistinguono, e perciò con la necessità di trovare un equilibrio dinamico tra libera espressione di sé e riconoscimento delle limitazioni che occorre imporsi se si intende perseguire con realismo il traguardo della propria realizzazione personale. Possibilità e limite non sono infatti alternativi, anzi l’una non sta senza l’altro: la vera possibilità fa i conti con i propri limiti e, a sua volta, il vero limite è quello che si misura con le proprie possibilità, sempre limitate.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • La sobrietà come modo di essere-al-mondo
  • La povertà evangelica
  • La dimensione socio-economica dell’austerità
  • Produttività, solidarietà, qualità della vita