Solo un sogno?

di Luigi Ghia

Quale economia?
Proverò dunque a evidenziare – in sintesi dal mio osservatorio prettamente sociologico – alcuni aspetti di una riflessione che intende rispondere alle domande: Quale economia? Qual è – se esiste – il modello economico compatibile con «un mondo possibile», quello cioè in grado di soddisfare nel modo migliore i vincoli sociali e ambientali del contesto in cui viviamo?
Non occorre avere una cattedra alla Bocconi per rilevare come, oggi, l’orizzonte economico e sociale che si profila crei sgomento. Sono ormai molti i Paesi a sancire il «liberi tutti». In un sistema in cui domina il caos, i poveri aumenteranno sempre piú di numero e saranno sempre piú poveri. Inutile nasconderlo: ci troviamo all’interno di una crisi globale di sovrapproduzione e di stagnazione di lungo periodo: crisi segnata dal crollo ciclico delle Borse. Da anni le Banche centrali prestano denaro a costo zero. Ma le fabbriche continuano a chiudere e la disoccupazione – soprattutto giovanile – è sempre piú elevata. In un contesto globale, che cosa succede quando un grande Paese (per esempio la Cina) si contrae, dopo aver immagazzinato una grande quantità di beni per favorire l’espansione e aver creato in tal modo aspettative esagerate presso i produttori di questi stessi beni? Non si tratta di una domanda retorica. Molti – e non solo fra gli uomini politici obbligati a ostentare ottimismi di maniera – sono ancora convinti che la crescita possa durare all’infinito e attendono con ansia l’uscita delle statistiche ufficiali per vedere se il PIL è cresciuto di mezzo punto! In un orizzonte siffatto, le Compagnie di tutto il mondo, con debiti altissimi, debbono continuare a produrre. Per farlo, non hanno altra strada se non quella di indurre bisogni che diventano via via sempre piú superflui. E lo fanno con un certo successo, con la collaborazione di team di psicologi e di esperti in comunicazione di massa. La creazione di falsi bisogni agisce soprattutto sulle giovani generazioni e sulle generazioni di mezzo, sempre piú schiave del possesso di beni superflui. Per queste generazioni appare blasfemo e oltraggioso parlare di riciclo, di riparazioni, di recupero degli scarti. Se una cosa non serve, si butta e non importa dove.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Un’economia di guerra
  • Liberismo senza regole
  • Si può sperare in un’economia civile?