Testori rilegge I Promessi Sposi

di Luisa Riva

In una delle prime pagine de I promessi sposi alla prova – opera teatrale rappresentata per la prima volta al salone Pier Lombardo, oggi teatro Franco Parenti, di Milano nel 1984 – troviamo questo passo che condensa in sé alcuni dei temi centrali nella ricerca di Giovanni Testori (1923-1993). Una ricerca che è linguistica, letteraria, estetica, ma ancor di piú un vero corpo a corpo con la realtà che racchiude nella sua fisicità il mistero del senso che la abita. Il maestro, che guida la sua piccola compagnia alla messa in scena del testo, e si tratta proprio dei Promessi sposi del Manzoni, guida i suoi attori a cogliere la verità umana che la trama mette in luce. Il dramma del bene e del male, il «guazzabuglio del cuore umano», il disegno insondabile in cui siamo, eppure: «La c’è, sí, la c’è! Lei! Lei! La Provvidenza» (p 113) cui danno voce e corpo i personaggi.
Testori mescola il piano della rappresentazione teatrale, la sostanziale fedeltà al testo originario, le piccole vicende personali degli attori, la riscrittura con cui plasma nuovi suoni, nuove parole o le decostruisce, le lacera per essere ancor piú fedele, per dar giustizia alla storia che si accinge a raccontare. Che è la storia di ieri, che è la storia di oggi. Tanto che l’attore che fa Renzo (come Testori indica i personaggi, e che, precisa, per comodità di lettura verranno poi indicati solo con il nome) chiederà: «Narratore di Brusuglio o di Novate?» (p 62). I due anniversari di quest’anno, 150 anni dalla morte di Manzoni e 100 anni dalla nascita di Testori, rinnovano le occasioni per ripensare all’incontro a distanza fra questi due autori dalle comuni radici lombarde e cristiane che, seppure con sensibilità diverse, trovano in entrambi espressione.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Soltanto le parole
  • Tradimenti e fratellanza
  • Atti di conversione