Ti ringrazio, Padre…

di Maria Grazia Marinari

Ti ringrazio, Padre, Signore del cielo e della terra. Ti ringrazio perché hai nascosto queste cose ai grandi e ai sapienti e le hai fatte conoscere ai piccoli (Mt 11, 25; Lc 10, 21).

Con esattamente le stesse parole, in Matteo e Luca, Gesú ringrazia il Padre per la sua scelta di indirizzare ai piccoli, nascondendola ai grandi e ai sapienti, la sua rivelazione.
In tutti e quattro i vangeli ciò viene ampiamente confermato riservando la buona notizia fondamentale, ossia l’annuncio della risurrezione, alle donne che erano, fra i piccoli, le piú piccole e irrilevanti (Mt 28, 5-10; Mc 16, 6-11; Lc 24, 4-11; Gv 20,13-18). E quanto insignificanti esse fossero considerate, persino dagli stessi apostoli con i quali avevano condiviso la sequela del Cristo, risulta dai commenti di Marco e Luca:

Allora Maria andò dai discepoli, che erano tristi e piangevano, e portò la notizia che Gesú era vivo e lei lo aveva visto! Ma essi non le credettero (Mc 16, 10-11). Anche le altre donne che erano con loro riferirono agli apostoli le stesse cose. Ma gli apostoli non vollero credere a queste parole. Pensavano che le donne avevano perso la testa» (Lc 24, 10-11).

Perché dunque affidare a chi è marginale, persino inibito a testimoniare ufficialmente, destinato a non essere creduto il segreto e il senso della vita cristiana? Perché grandi e sapienti sono destinati a rimanerne all’oscuro?
Una risposta ci è offerta da Paolo, nei passi della prima lettera ai Corinzi in cui descrive il senso della sua predicazione, (I Cor 1, 17-31; I Cor 2, 1-16).

Dio ha scelto quelli che, nel mondo, non hanno importanza e sono disprezzati o considerati come se non esistessero, per distruggere quelli che pensano di valere qualcosa. Cosí, nessuno potrà vantarsi davanti a Dio. [...] Chi vuole vantarsi si vanti per quello che ha fatto il Signore (vv 28, 29, 31).

Grandi sono infatti il rischio e la tentazione di sostituirsi a Dio, di addomesticare la Parola piegandola alle proprie convinzioni se non addirittura ai propri interessi. Continuamente Gesú rimprovera scribi e farisei di fare proprio questo (Mt 15, 1-9 e 23, 1-36; Mc 7, 1-13 e 12, 38-40; Lc 11, 43-46 e 20, 45-47). Ammonendo cosí anche noi del pericolo corso da ognuno quando, magari con le migliori intenzioni, cerchiamo di appropriarci del suo Vangelo.
Si tratta comunque di una constatazione difficile da accettare e da capire fino in fondo. Siamo tutti convinti che la cultura sia una cosa eccellente, da difendere e diffondere; che solo uno studio serio e coscienzioso possa preparare a qualsiasi professione, sia essa intellettuale o anche manuale. Persino per quanto riguarda la fede riteniamo necessario, sacrosanto e mai sufficiente, l’impegno a cercare di approfondire la conoscenza della Scrittura. Per gli ebrei, studio e preghiera quasi si fondono, sono due facce della stessa medaglia.
E non è certo negazione del valore della ricerca e dello studio, ma approdo a una realtà piú alta e disponibile per tutti la preghiera della filosofa, martire e santa Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein:

Lasciami, Signore, seguire ciecamente i tuoi sentieri, non voglio cercare di capire le tue vie. Tu sei il Padre della sapienza e sei anche mio Padre, e mi guidi nella notte: portami fino a te,

ci aiuta e guida a entrare nella logica di Gesú. Solo con un fiducioso abbandono filiale è possibile cogliere quello che la logica umana non è capace di comprendere.