Verso una riforma vera?
di Cesare Sottocorno
Apriamo ora il discorso ripercorrendo l’intervista del direttore dell’Osservatore Romano, Andrea Monda, al vicepresidente della Cei, Erio Castellucci, arcivescovo-abate di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi.
L’istituzione del sinodo permanente
Prima della conclusione del concilio Vaticano secondo, il 15 settembre 1965, Paolo VI con la lettera Apostolica sollicitudo creava nella Chiesa una nuova istituzione, il Sinodo dei Vescovi, un consiglio permanente a cui «spetta per sua natura il compito di dare informazioni e consigli». Papa Montini scriveva che la sua creazione è stata frutto della collaborazione, «la viva unione Nostra e dei Vescovi», avviata durante il concilio e perché continuasse a giungere al popolo cristiano una larga abbondanza di benefici.
Scriveva Paolo VI:
La sollecitudine apostolica, con la quale, scrutando attentamente i segni dei tempi, cerchiamo di adattare le vie e i metodi del sacro apostolato alle accresciute necessità dei nostri giorni e alle mutate condizioni della società, Ci induce a rafforzare con piú stretti vincoli la Nostra unione con i Vescovi che lo Spirito Santo ha costituito […] per governare la Chiesa di Dio (At, 20, 28). […]
Infatti, in questa nostra età, veramente turbinosa e piena di pericoli, ma tanto largamente aperta ai soffi salutari della grazia divina, esperimentiamo ogni giorno quanto giovi al Nostro dovere apostolico una tale unione con i sacri Pastori, che perciò noi intendiamo in ogni modo promuovere e favorire.
Il Sinodo era ed è stata un’istituzione ecclesiastica centrale, i vescovi cattolici venivano scelti, secondo precise norme, nelle diverse parti del mondo per esprimere il proprio parere in merito alle problematiche affrontate. Era sottomesso direttamente e immediatamente all’autorità del papa che, «ogni volta che gli parrà opportuno», l’avrebbe convocato, ne avrebbe fissato l’oggetto delle questioni e l’ordine del giorno. Poteva avere potestà deliberativa, ma le sue decisioni dovevano essere ratificate dal romano Pontefice. Nella lettera si dichiarava che «questo Sinodo, come ogni istituzione umana, con il passare del tempo potrà essere maggiormente perfezionato».
È passato piú di mezzo secolo: papa Francesco non si è limitato a perfezionare quell’istituzione che piú volte si è riunita per affrontare le problematiche della comunità ecclesiale, della società e del mondo suscitando, a volte, non poche perplessità nel popolo di Dio, soggetto attivo della vita. Pur seguendo le indicazioni della costituzione Episcopalis communio, da lui stesso emanata il 15 settembre 2018, Bergoglio ha trasformato il Sinodo, come ha affermato il cardinale Mario Grech, «da evento in processo».
Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:
- L’intervista al vescovo Erio Castellucci
- Non ignorare le difficoltà
- La sinodalità come fondamento